“La prima esigenza, per questo presidio, è allargare l’area medica per arrivare almeno a 24 posti letto. Serve strutturare le cure intermedie e rafforzare bene la presa in carico dopo le dimissioni e si deve fare affiancando all’ospedale di comunità la realizzazione di un centro di riabilitazione ospedaliera. Il futuro dei piccoli ospedali è caratterizzarsi, qualificarsi, per servire al meglio l’utenza della zona e attrarre pazienti anche da altre aree. E la strada per Castel del Piano, vista la presenza di cardiologi, è quella di istituire la postazione di riabilitazione. A questo deve affiancarsi anche la possibilità, per i medici di medicina generale, di accedere direttamente alla medicina specialistica e il rafforzamento della figura dell’infermiere specialistico”.
“So che c’è molta preoccupazione per il centro trasfusionale, ho letto anche l’appello delle associazioni, sarò chiaro: il servizio deve rimanere attivo e dev’essere garantita la presenza del medico dal lunedì a sabato, perché è un riferimento a cui le comunità dell’Amiata non possono rinunciare. Il problema del reclutamento del personale medico negli ospedali di periferia, a mio avviso, si può superare prevedendo un quadro di incentivi specifici”.
“A chi dice che sarebbe meglio tornare alle vecchie Asl provinciali rispondo chiedendo di riflettere: le suddivisione in tre aziende ha permesso di organizzare immediatamente e contemporaneamente in tutta la regione, la risposta all’emergenza Covid. Diversamente sarebbe stato così? Credo proprio di no. Anzi, con i contributi già destinati (1,2miliardi), insieme alle risorse che potrebbero arrivare dal Mes (2,3 miliardi per la Toscana), verranno fatti investimenti importanti in sanità che interesseranno anche i presidi più piccoli, ad esempio qui potrebbero essere riorganizzati gli ingressi in modo più funzionale”.