Per come si sta delineando la questione dei pozzi irrigui a Grosseto, potremmo parlarne iniziando con C’era una volta… proprio come in una novella. Sembra di essere, ancora una volta, di fronte all’incapacità di compiere scelte politiche, si lascia spazio a proclami rischiando lo stallo anziché cercare soluzioni concrete al problema, magari attraverso il confronto. In queste settimane abbiamo letto almeno tre posizioni diverse del Comune sulla gestione dei pozzi per l’irrigazione di giardini privati e verde pubblico: prima il dito puntato verso i cittadini, furbetti che consumano acqua senza pagare; poi il rigore assoluto, la legge va rispettata; infine, la soluzione del super condominio che non potrà essere applicata a tutti per condizioni molto diverse tra realtà e realtà. Tutte e tre, però, con due elementi costanti: la colpa è della Regione e il Comune deve sbolognarsi i pozzi perché ci pensino le famiglie da sole
Le norme a cui si fa riferimento sono due: il regio decreto 1775 del 1933 e la legge regionale del 2015 entrata in vigore con il passaggio di funzioni dalla Provincia alla Regione, alle quali si aggiunge il regolamento 61/r dell’agosto 2016 per la gestione corretta della risorsa idrica.
Non ho titolo ad avanzare proposte -anche se delle idee in testa sul tema potrei averne-, mi preme soltanto precisare alcuni aspetti. L’amministrazione comunale si accusa la Regione di aver cambiato le regole, effettivamente le norme apportano alcune modifiche, ma marginali: la subconcessione dall’ente pubblico al privato non è prevista da nessuno di questi atti, neanche dal regio decreto del 1933. In realtà l’uso che se ne fa a Grosseto e la stessa origine dei pozzi dimostrano che non si tratta di una attività totalmente privata, infatti, se il Comune ha sempre deciso in passato di prendere in carico i pozzi una volta realizzati è perché è stata rinvenuta una chiara utilità pubblica nella fruizione di quell’acqua. D’altra parte, la qualità urbana passa anche dalla qualità degli spazi privati aperti, in armonia con quelli pubblici.
Quest’ultima considerazione mi è utile per motivare la mia personale contrarietà ad un atteggiamento che prevede come unica soluzione l’abbandono dei pozzi da scaricare ai privati, solo in ragione di aspetti burocratici o di difficoltà di gestione da parte degli uffici comunali o della società del Comune. Capisco qualche funzionario formalista, ma non posso pensare che una posizione del genere possa essere condivisa dagli amministratori. Dunque, inutile dare colpe agli altri o nascondersi dietro le norme per coprire rigidità burocratiche: in questo, come in molti altri casi, si tratta di scelte politiche che non sono ancora state nemmeno indagate. Se da questo sforzo ad oggi incompiuto, dovesse nascere anche l’esigenza di un confronto con la Regione per accompagnare un percorso positivo, dichiaro la mia totale disponibilità a lavorare insieme nell’interesse della città. Perché sarebbe un danno, non solo ai giardini di qualcuno, ma al benessere della comunità se non si recuperasse questa situazione.